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    lunedì 26 ottobre 2015

    A piedi

    L'altro giorno ho fatto una cosa stranissima, da pazzi, al di fuori del mondo.
    Sono andato a casa da lavorare a piedi.
    No macchina, no bicicletta.
    Una scelta in parte forzata, in parte consapevole.
    Un pezzo di ferro di qualche centimetro era entrato nel tubolare della mia bici da corsa, mentre andavo a lavorare alle 630 la mattina.
    Volendo un passaggio alle 17 lo avrei trovato, diversi amici e colleghi si sono offerti, ma invece ho voluto fare una pazzia, ho voluto usare gambe e piedi per tornare a casa. Che poi la pazzia non è tanto andare a piedi, la pazzia è non usare la macchina.

    Con una mela in mano, sgranocchiandola di tanto in tanto, mi sono incamminato verso Via Rigosa. Lavoro nella Zona industriale di Zola Predosa e per andare a casa la strada più veloce sarebbe stata passare dal centro di Zola e tirare dritto verso Ponte Ronca. Ma volevo muovermi un pò di più, ho scelto quindi la strada più lunga.
    Via Rigosa parte larga, c'é una bella banchina e non si corrono rischi a camminare, ma poi la strada si restringe leggermente e la banchina sparisce. Sono costretto a camminare sulla linea bianca e quando vedo un pericolo, come un grosso camion, mi sporgo un pochino nel fosso. Qui dove i limiti di velocitá sono un'utopia, é meglio cadere nel fosso, che sotto le ruote di un tir.

    La Via é famosa per la presenza delle prostitute. Ma proprio davanti ad un incrocio dove le ragazze si mettono per rendersi visibili, e vendibili, meglio, vi sono alcune case e una chiesa che formano il borgo di Rigosa, un vero gioiello nascosto dietro il nostro degrado e le nostre lussurie. Tra il fiume e la strada, la Chiesina e le case, con i colori dell'autunno, formano un quadro che rende benissimo l'idea di quanto potesse essere bella Zola nei secoli scorsi.
    Risparmio strada e rischi tagliando per il borgo, ma poi sono costretto e rimettermi sulla Provinciale Via Rigosa. Niente banchina, una croce sul lato opposto ricoperta di fiori, segno che la strada é pericolosa a piedi e nom solo.

    Arrivo in Via Mincio, attraverso il Ponte di ferro sul Lavino che comincia a perdere qualche vite e qualche bullone e mi dirigo verso Tombe.
    Il sole comincia ad essere basso rendendo tutto magico.
    Palazzo Bentivogli Pepoli e Palazzo Albergati sulla sinistra, l'autostrada davanti, anch'essa sembra quasi bella con tutto il suo chiassoso traffico.
    La Torre a Tombe prende il rosso del tramonto, attraverso Via Masini e comincio a camminare per la cavedagna. Primo pezzo che faccio fuori dall'asfalto della strada da quando sono partito, guardo l'applicazione sul cellulare la quale mi dice che sono giá a quasi sei chilometri fatti.

    Poco prima di Madonna dei Prati torno in strada, cammino e ammiro il tramonto.
    Il sole si nasconde dietro una casa e dietro gli alberi e non lo vedrò più, l'orizzonte diventa rosso e in lontanza si intravede il Cimone, che svetta maestoso colorato di rosa.
    Una sensazione di tristezza mi pervade.
    Anche se ancora non é chiaro se si fará e dove passerà, sperando con tutto il cuore che il progetto muoia, potrebbe essere l'ultima volta che ammiro questo paesaggio meraviglioso.
    Il Passante Nord, questa nuova Autostrada che dovrebbe collegare Zola Predosa e Castenaso in un nastro d'asfalto alto tra i 2 e i 4 metri, a due corsie per  senso di marcia, se passerá da qui coprirá tutto l'orizzonte. Un danno estetico che si somma a quello ambientale, per un'opera che non risolverá certo i problemi di traffico bolognese, ma ucciderá la pianura. 
    Passerá da li o forse dalle scuderie Orsi Margelli e dalla vecchia Polveriera. Circondati da quercie secolari, i cavalli pascolano al tramonto, nel verde della campagna con alle spalle la collina.
    Nel semibuio del bosco della polveriera, fagiani e uccellini scappano al sentire le mie scarpe calpestare lo sterrato della strada, mentre al macero, sotto la vecchia torretta di guardia, il cielo si riflette sull'acqua, mentre un pesce torna sul fondo impaurito dalla mia visione.

    Il paese é ormai vicino e dopo ben undici chilometri ecco il primo marciapiede. Ci salgo e in cinquecento metri sono a casa.
    Non é che sia possibile fare tutti i giorni un giro del genere, però se ci fosse la possibilitá di camminare con maggior sicurezza, si potrebbe ripetere più spesso.
    Invece no, perché da qualunque parte passi, partendo da lavorare, i pedoni non sono contemplati in strada e soprattutto, neanche a fianco di essa.
    Poi si piangono le disgrazie, ma io non mi riesco proprio a spiegare come sia possibile che da quando l'automobile é stata inventata si siano progettate, qui in Italia, strade ad uso e consumo esclusivamente loro, senza considerare altri mezzi di locomozione, tra cui i piedi.
    L'automobile è arrivata e ha spazzato via tutto quello che c'era prima. Dai cavalli alle biciclette, monopolizzando la nostra vita.

    Invece a piedi con il passo costante più o meno lento, si possono scoprire angoli, scorci e luoghi, che con la velocitá di altri mezzi é impossibile notare.
    Riusciremo mai a rallentare questo nostro vivere frenetico? Basterebbe ben poco!



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    Item Reviewed: A piedi Rating: 5 Reviewed By: Enrico Pasini
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